Nella metropoli la tecnica prevale sull’architettura.
Sfugge a qualsiasi tipo di codifica, di asservimento, da parte
dell’architetto. La città ancien
régime che si appresta a divenire metropoli appartiene
all’ingegnere.
D’altronde la città, una volta abbattute le mura,
assume un nuovo ruolo che ne supera il limite fisico — se ancora un
limite esiste — e si relaziona al territorio.
La centralità come principio organizzativo, e non
la cinta, ecco il cambiamento essenziale, che la città funzioni conta
più della sua forma.
Si afferma una visione utilitaristica della città che
tende alla valorizzazione del funzionamento e non delle forme visibili,
del territorio e non dei privilegi giuridici, espressione di nuove
relazioni socialie
della progressiva industrializzazione della città che non avviene con
l’introduzione di attività produttive nell’ambito urbano, ma con
l’ingresso di nuove tecniche di trasporto, di reti di servizi, di
nuovi materiali, accompagnato dall’iniziativa imprenditoriale.
Il tentativo che tra Ottocento e Novecento cerca di
fondare una disciplina urbanistica è indicativo dell’esigenza di dar
corpo a tecniche di controllo globale della città. Il succedersi di
aggiustamenti di rotta, l’ingresso e l’uscita di discipline e
tecniche accessorie rispondono alla difficoltà di dominare quel
congegno artificiale che ormai vive, si espande e riproduce, secondo
modalità naturali costituito
dalla metropoli.
Non a caso Guido Zucconi parla di città contesa
tra ingegneri e medici detentori delle tecniche e architetti che con
difficoltà riescono a tenere il passo delle trasformazioni. Gli stessi
architetti che alle sollecitazioni tecnologiche della metropoli
offriranno, come si vedrà, risposte divergenti.
In questo contesto, dopo l’esaurimento dell’esperienza
della Ringstraße, a Vienna
Otto Wagner e i suoi progetti per la metropolitana costituiscono un
momento significativo quale tentativo di riportare, con una nuova
visione, nell’alveo dell’architet–tura nuove tecniche e interventi
di gestione urbana.
I rivolgimenti nell’ambito dell’alta cultura della
Vienna fin de siècle
accompagnano questa fase dell’architettura e della città: la nascita
della psicoanalisi con Freud, la rottura nel campo artistico operata
da Schönberg, Klimt, Kokoschka, la disgregazione del liberismo
politico, fanno da sfondo alla contrapposizione tra storicismo sittiano
e modernismo wagneriano.
La critica allo storicismo sarà la base della nuova
formulazione architettonica di Wagner che partendo dai valori del
moderno, della metropoli e della tecnologia darà vita ad una nuova arte
con “il compito di adeguare il volto della città all’umanità
contemporanea”.
Si tratterà di un’arte vitale, interpretazione della
contemporaneità, e priva di velature nostalgiche. Espressione fiduciosa
della capacità dell’uomo di addomesticare non solo la natura, ma
anche — e forse per l’ultima volta — ciò che egli stesso produce.
|