L’opera ed il pensiero di Wagner si incarnano
nello spirito innovativo della metropoli e da essa traggono origine.
In questo particolare contesto, rappresentato dalla città,
la lettura di alcuni scritti wagneriani offre innumerevoli, se pur
parziali,
occasioni di verifica sulla riflessione compiuta dall’architetto
viennese in merito alle questioni culturali e tecniche che
caratterizzano il fare architettonico. L’architetto — e
conseguentemente l’architettura — hanno il compito di mediare tra
motivazioni ideali e realtà,
come direbbe Paci, tra soggettività e oggettività.
Il luogo, la cultura, la tecnica, il dato economico condizionano e, allo
stesso tempo, determinano l’opera d’arte,
fino a divenire momento di sintesi tra intenzione artistica e fattori
condizionanti.
…dobbiamo tener conto che la sua [di Wagner]
estenuante lotta dialettica, in compromissione con la realtà
metropolitana, ha prodotto risultati sostanziali per lo sviluppo della
cultura urbanistica ed architettonica. Basterebbe in tal senso
considerare la metodologia progettuale wagneriana che raccoglie tutti i
dati, le contraddizioni e conflittualità insite nello “spazio dei
dati di fatto” (Tatsachen–raum) urbano per poi utilizzarli quali
strumenti di riconversione e sintesi nel divenire del progetto.
Viadotto sulla Wienzeile (1894-98) [Wiener
Stadtwerke–Verkehrsbetriebe, Wien].
Wagner è consapevole dei mutamenti in atto: tra Otto e
Novecento si verifica la rottura tra tecniche e cultura diffusa,
tutto sta nel recuperare lo scarto attestatosi
riconducendo la costruzione
nell’ambito dell’ar–te.
Uno scarto quanto mai ampio nella Großstadt dove emerge la necessità
dell’intervento dell’architetto divenuto padrone delle tecniche di
gestione della città raccolte nella scienza urbanistica.
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