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7. Stadtbahn

 

Ma questo recupero della tecnica nell’ambito dell’architettura trae origine da un paradosso: a Vienna l’inserimento della Stadtbahn — fatto eminentemente tecnologico — necessità di un controllo formale. La cultura austriaca era permeata di Bildung[1], carica di una grande volontà di forma[2]. La città doveva essere gestita secondo i principi della Gesamtkunstwerk[3].

Il 22 aprile 1884 Otto Wagner assume l’incarico di consulente artistico designato dal Künstlerverein nella progettazione della stadtbahn. L’apporto di Wagner non si limiterà ad una mera operazione di maquillage, già nelle sue proposte di piano regolatore emergeva il ruolo fondamentale della metropolitana all’interno della città[4] dove la stazione si apprestava a divenire nuovo riferimento — nodo di un sistema reticolare potenzialmente illimitato — urbano.

Cosi come l’ascensore aveva riorganizzato le tipologie delle case d’affitto la metropolitana si prestava a riorganizzare la città. Il risultato è da una parte funzionale, dall’altra inerente ad una nuova percezione del fatto urbano: si tratta della città del movimento dove lo spazio si deforma, addensassi in relazione inversa al moto accelerato della metropolitana[5]. In questo senso può essere interpretata la centralità wagneriana alla quale fa riferimento Tafuri[6]. L’esito architettonico è un adattamento ai flussi di traffico di elementi destinati ad essere abbandonati[7], ma anche nuovi riferimenti urbani[8], nuovi Denkmal costituiti da stazioni che divengo civic center, da ponti ferroviari che oltre ad essere scavalcamenti stradali divengono porte aperte della città[9].

Studio per una galleria della Donaucanallinie [O. Wagner, Einige Skizzen, Vienna]

 

La stazione, sede secondaria di quartiere[10], ma allo stesso tempo nodo multimodale urbano nella sua organizzazione planimetrica nega il centro, diviene elemento connettivo di più livelli, di molteplici percorsi. Gli interni vuoti racchiusi da finte facciate sono allo stesso tempo limite e luogo di scambio tra il livello della città fisica e quello della città reticolare.

Oramai si tratta di una città di non luoghi, accettazione del tatsachenraum metropolitano, rinuncia ad una visione complessiva del fatto urbano, rinuncia al progetto come strumento di controllo generale della città[11].

Progetto della stazione di Nußdorfer Straße [O. Wagner, Einige Skizzen, Vienna]



[1]vedere significato pedagogico

[2]”Fu così che, circostanza sorprendente, nella breve parentesi dell’ascesa liberale l’integrazione di Bildung e Besitz si tradusse in una solida realtà sociale. Azione e contemplazione, politica ed economia, scienza e arte apparivano fuse nel sistema di valori di una classe sociale sicura del suo presente e fiduciosa nel futuro dell’umanità di cui affermava e difendeva la causa. Nel nuovo piano regolatore della capitale, nella vita dei salotti, nell’etica familiare: ovunque il positivo credo nell’integrazione proclamato dal liberismo razionalistico trovava concreta, tangibile espressione. In siffatta cultura […] l’arte occupava un posto sempre più centrale e determinante”. Schorske, Carl E., Vienna fin de siècle…, cit., pagg. 278, 279.

[3]Oddo, Adriano Maria, Otto Wagner…, cit., pag. 9.

[4]”Già dal progetto del 1873 Wagner considerava come parte integrante del riordino e ridisegno della città l’inserimento della Stadtbahn”, Idem, pag. 11. Cfr., Robert Trevisiol, Otto Wagner, cit., pag. 51.

[5]L’esperienza percettiva dello spostamento all’interno della città attraverso la metropolitana fa apparire adeguato alla “scala pedonale” lo spazio gravitante sulla stazione. Al contrario, lo spazio compreso tra due stazioni, percepito con minore dettaglio, sembra comprimersi per effetto della velocità.

[6]”…riconoscere nel culto della centralità un omaggio reso da Wagner ai principi di “quiete” e chiarezza esaltati in Moderne Architektur: condizione per raggiungere la “dignità” formale non è solo la simmetria, ma anche la concentrazione dell’attenzione sui luoghi di quiete, predisposti per eliminare la “penosa insicurezza” e il “disagio estetico” provocati dall’assenza di “centri” […]. Esiste una complementarità, nell’opera di Wagner, fra l’attività che lo vede impegnato a dar forma alle grandi infrastrutture preposte alla mobilità urbana — metropolitana, ponti, attrezzature per la navigabilità fluviale — e questa tesa ad “arrestare” quel moto: lo scorrere e il fermarsi, il tempo e l’arresto del tempo non si voltano le spalle, ma si scoprono essenziali l’uno all’altro. Del resto i padiglioni per la metropolitana non sono forse luoghi di sosta che “redimono” il fluire su cui insistono? E nella facciata della Majolikahaus non è forse rappresentato un analogo conflitto fra un incantato fluire e la vuotezza della stasi? Tali osservazioni ci riconducono al nostro tema. Il problema del centro va considerato, nell’opera wagneriana, esattamente all’interno della dialettica stasi–fluire sopra riconosciuta. Si tratta, con ogni evidenza, di una dialettica ricca di metafore: il principio della forma, come imposizione di limiti, si congiunge a quello della vita, come continuo tradimento della forma stessa. Il “momento di quiete”, promesso dalle figure centriche, è essenziale a tale ricerca di una magica soglia su cui forma e vita possano cessare di combattersi”. Tafuri, Manfredo, Am Steinhof…, op. cit., pagg. 72-74.

[7]Cfr., Robert Trevisiol, Otto Wagner, cit., pag. 48.

[8]”Le stazioni, dimensionalmente ridotte ma gerarchicamente concepite rispetto alla “rappresentatività” ed “aulicità” dell’intorno, si pongono quasi a guisa di “Denkmal”, segno topico che sovrappone alla mera funzione ciò che del monumento è caratteristico: l’arresto del tempo, l’improduttività della “memoria” che si oppone per un attimo alla “Zivilisation”, il distacco della quiete rispetto all’inarrestabile scorrere delle masse. Quindi compresenza della “moneta” metropolitana, il fluire della vita, e del suo opposto, la “forma”, che nei suoi simmetrici stazionamenti la purifica pur non potendo più opporle un vero centro”. Oddo, Adriano Maria, Otto Wagner…, cit., pag. 11.

[9]Idem.

[10]”La consistenza della mole che gareggia con quella degli edifici circostanti sembra voler riaffermare, nel continuo confronto pubblico–privato una preminenza della funzione comunitaria distrettuale e per riflesso cittadina rispetto alla dispersione ed atomizzazione della ‘metropoli’”. Ivi, pag. 12

[11]Idem.

 
     
 

|  |  Ultima revisione martedì 30 luglio 2013 | ©  Cipriano Bortolato | Note legali |