La moschea di Hadum


guerra e ricostruzione in Kosovo




L'esperienza di incontrare una moschea in Europa mi ha sempre affascinato. Da piccolo, pensando a Sarajevo, immaginavo un paesaggio quasi fiabesco. Invece, le moschee che oggi vedo in Kosovo, mi appaiono estranee al paesaggio, fuori luogo. La gran parte di queste è stata costruita dai sauditi. L’approccio è stato e continua a essere brutale. Si costruisce con stilemi arabi, senza alcun metodo filologico e attorno a queste opere mancano ora solo sabbia e palme. È il caso delle moschee di Klinë/Klina o Gjyrakovc/Đurakovac, per citare solo due esempi che mi capita di vedere quotidianamente.

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1 Klinë/Klina(34TDN6482718687). Gjyrakovc/Đurakovac (34TDN5659130432)

Il problema si ripropone anche con le antiche moschee restaurate dai sauditi. Le decorazioni e gli affreschi che caratterizzano l'islamismo balcanico sono velati da dipinture e intonaci secondo i canoni del wahabismo arabo. Questo è accaduto nella moschea Bula Zade di Peje eretta nel XVII secolo, incendiata dai serbi e rasa al suolo dai sauditi e ricostruita dagli stessi in cemento armato.
Anche la moschea di Hadum, a Gjakovë/Đakovica, ha rischiato di subire lo stesso destino, i bulldozer sauditi sono riusciti a distruggere l'antica libreria, la madrassa, parte del cimitero e danneggiato le mura perimetrali della moschea. Solo l'intervento di UNMIK ha impedito la completa intonacatura degli affreschi all'esterno dell'edificio di culto.

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2. Ripresa di Gjakovë/Đakovica dalla collina a ovest della città. Presso la moschea di Hadum sono in corso lavori restauro (15.10.2008).

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3. Vista generale

Ma oggi la moschea di Hadum, fortunatamente, rimane uno splendido esempio di architettura islamica. Siamo in giro per Gjakovë/Đakovica, ci avanza un po’ di tempo e decidiamo di fermarci per una visita.


Alla fine del XI secolo, verso il 1594-1595, Hadum Sylejman Efendia - Hadum Aga -, fece costruire la moschea che ancor oggi porta il suo nome. Pare che l'edificio sia stato edificato su un terreno di proprietà di un tale Jakë Vula al quale la tradizione vorrebbe ricondurre il toponimo Gjakova. Si racconta che la costruzione durò 21 anni.
L'opera si distingue per la copertura a cupola che copre la sala della preghiera. Verso nord è presente un portico anch'esso sormontato da cupole.
Le pietre che compongono la struttura sono state ricavate in una località non lontana da Gjakovë/Đakovica, nei pressi di Guskë/Gushe.
L'accesso all'edificio avviene attraverso il portale a nord.
La cupola del diametro di 13.50 m, unica nel suo genere in Kosovo, è realizzata in blocchi di pietra, mentre all'interno è rivestita in mattoni. Appoggia su archi e vele sostenuti da 8 pilastri.
La luce entra da 11 finestre ricavate sulle pareti

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4 Mimbar

All’interno, di fronte all’ingresso, si trova il mihrab. Sulla destra dello stesso vi è il mimbar costituito dal portale di accesso, dalla scala e dal baldacchino. Come il mimbar, anche il mhafil è costituito in legno e può essere raggiunto attraverso le scale del minareto.

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5. Prospetto nord (http://www.mptasarim.net/engproje_28.html)

Il portico, anch’esso usato per la preghiera, è coperto da tre cupole minori rivestiste da lastre di piombo, sostenute da quattro pilastri che terminano in tre archi a ogiva.
Il minareto occupa, come consuetudine, la parte destra della sala di preghiera.
Il ballatoio è definito da un parapetto.
Gli interni, la facciata principale e il portico sono decorati a secco. Questi dipinti sono stati restaurati durante il 1997-1981. Si ritrovano paesaggi stilizzati, kulla, cipressi, moschee e versetti coranici.
All’esterno della moschea giace il cimitero. Le pietre tombali sono di estremo interesse epigrafico.
Una iscrizione araba, posta al di sotto dell’ingresso principale, ricorda che la moschea fu voluta dal
sordomuto Selejman nel 1260 (del calendario islamico), mentre l’aggiunta del portico dovrebbe essere del 1842.
La moschea fu danneggiata dai serbi che ne incendiarono il porticato durante il marzo del 1999. Le fiamme non si estesero all’interno dell’edificio ma interessarono il portale di ingresso. Due mesi dopo, il minareto fu colpito da una granata. La parte superiore crollò sulla libreria che era parte del complesso religioso.
Sulla dinamica degli eventi che portarono al degrado dell’edificio, ovviamente, si ebbero versioni contrastanti. In effetti, il 24 marzo 1999, primo giorno dell'operazione NATO denominata Allied Force, diversi edifici del centro storico di Gjakovë/Đakovica furono distrutti. In precedenza la città fu parte di una rete territoriale di traffici di armi e beni dal sud verso la roccaforte dell'UÇK insediata nella Valle di Drenica/Drenicë. Più tardi, nel marzo del 1999, sotto il controllo della polizia serba e dei militari Jugoslavi, si trasformò nel punto di passaggio di rifugiati che abbandonavano il Kosovo verso l'Albania. La località fu così oggetto di intensi bombardamenti da parte della NATO.
Due giorni dopo l'inizio degli attacchi aerei, il ministro degli affari interni jugoslavo affermò che le bombe dell'Alleanza Atlantica avevano colpito la parte antica di Gjakovë/Đakovica, determinando incendi e distruggendo numerosi edifici, tra questi il complesso della Moschea di Hadum, un apparato religioso del XVI secolo protetto, tra l'altro, dall'UNESCO.
La moschea, posta nel cuore della città e circondata da postazioni serbe, si trovò proprio al centro del conflitto.
La NATO, il 30 marzo, controbatté alle accuse rilasciando una ripresa aerea che dimostrava l'incompatibilità tra lo stato del nucleo urbano e gli effetti di un bombardamento aereo.
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6. Foto aerea del centro di Gjakovë/Đakovica (NATO).

La disputa poteva avere dei risvolti giuridici sul piano internazionale dato che la Convenzione di Ginevra condanna "la distruzione estensiva e l'appropriazione di proprietà, non giustificata da necessità belliche e svolti illegalmente ed in modo gratuito" come una grave violazione e quindi quale crimine di guerra. Sono proibiti inoltre "attacchi diretti e intenzionali contro edifici dedicati alla religione, l'educazione, l'arte, [e] monumenti storici".
Nel corso del conflitto, apparati governativi, istituzioni e media jugoslavi pubblicarono numerosi rapporti che accusavano la NATO quale responsabile della distruzione di diversi siti culturali e religiosi.
Lo Yugoslav Committee of the International Council for Monuments and Sites (icomos) pubblicò, nel marzo 1999, un documento che accusava la NATO quale responsabile della distruzione di numerosi monumenti e beni architettonici in Kosovo.
Alla fine del conflitto il governo serbo pubblicò un libro bianco dal titolo
Crimini NATO in Jugoslavia contenete un resoconto delle supposte distruzioni dovute agli attacchi aerei NATO relative ad obiettivi non militari.

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7. Documento serbo che censisce, dopo il 1999, la Moschea di Hadum e ne registra il danneggiamento a seguito dei bombardamenti NATO.

Al contrario altre testimonianze riportavano i fatti in maniera diversa: i siti religiosi islamici erano stati distrutti intenzionalmente dalle forze serbe.
Al processo contro Slobodan Milosevic tenutosi all'Aia presso il Tribunale Internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia (ICTY) si ricorse al concetto di
architettura forense dove esperti in architettura si confrontarono con l'imputato per stabilire chi fosse il vero responsabile delle azioni di guerra contro il centro storico di Gjakovë/Đakovica e la moschea di Hadum.
Pare che solo gli edifici posti lungo la via principale della Carshija fossero stati colpiti. I muri perimetrali erano rimasti in piedi e solo i tetti in legno erano stati bruciati. Lo stesso minareto era stato colpito da colpi di granata e, una volta crollato, caduto sulla libreria. Elementi che non coincidevano con gli esiti di un bombardamento aereo. La linea difensiva di Milosevic, che rappresentava se stesso, si rifaceva ad attacchi dalla collina sovrastante Gjakovë/Đakovica contro gli
insurgent albanesi asserragliati in città, ma non vi erano segni di spari provenienti da armi leggere.

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8. La moschea dopo gli eventi bellici del 1999.

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9. La moschea dopo gli eventi bellici del 1999.


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10. Ripresa del fronte della moschea


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11. Ingresso e minareto

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12. Cupola centrale del porticato

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13. Inscrizione

Gjakovë/Đakovica ha salvato la sua moschea evitando di costruirne una nuova in cemento armato. Forse, ancora, il restauro è stato un po’ troppo ardito. Non importa, il luogo ha riacquistato un suo fascino. Allo stesso modo, girando per il Kosovo, nei luoghi più reconditi, capita di imbattersi in una vecchia moschea con attorno un modesto cimitero, più o meno inserita del contesto del villaggio. L'esperienza ora assume un carattere naturale, il genius loci appare operante e il pensiero ritorna in'Italia, alla sempre crescente richiesta di edificare luoghi di culto da parte dei mussulmani dell'immigrazione. Esisterà anche in questo caso una via dell'architettura in grado di dare un senso, magari ad un paesaggio veneto marcato da un minareto?

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14 Loxha/Lodja (34TDN4463519911)

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15 Moschea di Isniq/Istinic (34TDN4279711884)
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16 Kaliqan/Kalicane (34TDN4722834057)



Belo Polje, 24 novembre 2008