Kosovo
Annesso aggiunto al corpo
principale. Foto storica (Gjurakovc, Istog).
Kulla costruita in pietra
(Lubozhda, Istog).
Kulla costrutita in mattoni (Zabllac, Istog).
Soffittatura interna (Gramnik, Klina).
Kulla con cardak su mensole (Doberdol, Klina).
Tetto in laste di pietra (Gramnik,
Klina)
Chiusura di un caminetto (Gramnik,
Klina)
Credenza a muro (Gramnik,
Klina)
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La kulla rappresenta un
caso di edilizia abitativa tipica delle popolazioni albanesi del Kosovo.
Questa particolare tipologia architettonica, influenzata dalle
specifiche esigenze antropologiche e ambientali, costituisce un caso
unico nella regione.
Il conflitto in Kosovo ha riportato un pesante
bilancio al patrimonio edilizio della regione dove più di un terzo degli
edifici è stato danneggiato o distrutto. Nell’ovest del paese i danni
sono stati più intensi ed hanno riguardato circa l’80% dell’intero
patrimonio. L’abbandono e l’incuria hanno contribuito nel decenni
trascorso dal dopoguerra, che si è caratterizzato come un periodo di
instabilità, hanno contribuito all’aggravamento della situazione. Le
organizzazioni internazionali, giunte in Kosovo nell’estate del 1999,
hanno iniziato ad occuparsi della ricostruzione. Nemmeno le
kulla hanno potuto sottrarsi
alle conseguenze belliche e, spesso, non sono state considerate delle
iniziative di ricostruzione. Delle 1200
kulla, costruite tra il XVIII
ed il XIX secolo ed ancora esistenti, solo 200 si sono salvate dalla
guerra[1].
Le due principali tipologie
abitative della tradizione albanese-kosovara sono la
kulla e la cardak (casa
urbana di ispirazione ottomana).
Possiamo
trovare le kulla (tradotta
dall’albanese: torre) principalmente dell’ovest del Kosovo, lungo la
piana del Dukagjini (corrispondente alla Metohjia serba) che confina con
il Montenegro e l’Albania. Queste abitazioni sono state abitate da
generazioni di famiglie. Aspetti sociali e culturali, hanno influenzato
un’architettura che, per caratteristiche costruttive e funzionali, è
riconducibile a fruitori collocati nelle classi socialmente più
elevate.
La
kulla può disporre di due o tre piani con un’organizzazione
planimetrica pressoché quadrata. Gli animali venivano tenuti al piano
terreno ed il piano superiore era destinato ai maschi (oda
e burrave) ed ai loro ospiti. Le donne ed i bambini risiedevano in
un annesso con lo stesso numero di livelli o con un piano in meno. Per
tale motivo, spesso, troviamo due ingressi e due scale: uno, l’ingresso
principale, che conduce al piano superiore e alla sala degli ospiti
senza transitare per gli alloggi privati; l’altro, riservato alle donne,
che attraverso una porta laterale, conduce al piano intermedio della
kulla (quando sono presenti
tre livelli) o a quello principale (quando esistono due soli livelli).
I muri esterni, alla base spessi circa un metro, possono essere
costruiti in pietra, in mattoni o con entrambi i materiali (il primo
livello in materiale lapideo ed i superiori in mattoni). La provenienza
della pietra è locale, mentre i mattoni sono fatti di un impasto di
sabbia, gesso, acqua e cemento e messi a cuocere in fornace.
Occasionalmente si trovano anche mattoni costituiti da fango essiccato
che, legati tra loro con dell’altro fango, spesso costituiscono i muri
interni. Talvolta le partizioni interne sono invece realizzate in legno.
La porta principale è ricavata attraverso un arco aperto sul muro.
Alcune finestrelle forano lo spessore del muro. Molte
kulla presentano degli
aggetti dal piano superiore (cardak:
soffitta, verranda), talvolta costruiti in pietra o mattoni, in altri
casi in legno con archi e apparato decorativo.
Alcune finestre, dalle dimensioni estremamente
ridotte, chiamate fringji
venivano usate con scopi difensivi per l’appostamento dei fucili. Ciò a
conferma della funzione difensiva, quasi un forte domestico, della
kulla.
Il solaio era costruito su tre travi portanti con il
soffitto dell’ultimo piano coperto da tavole in legno decorate. Il tetto
era ricoperto in lastre di pietra sostituite in seguito con tegole.
Molti sono i dettagli incorporati nell’opera. Alcune
kulla ospitano la Qibla ( قبلة)
definita come una nicchia verticale ricavata sulla parete in direzione
della Mecca e funzionale alla preghiera mussulmana. Alcune stanze sono
dotate di caminetti. In alcuni casi, sopra al caminetto, sono
predisposti degli appendi abiti in legno per l’asciugatura degli
indumenti, credenze in legno ricche di ornamenti sono presenti nella
stanza degli ospiti per la conservazione del caffè, altri vani per la
conservazione di oggetti e vivande erano ricavati nelle pareti in
prossimità delle finestre e dei fringjis, lavelli in pietra con lo
scarico verso l’esterno.
L’influenza della cultura islamica è ovvia nel design
della kulla e chiaramente
manifesta nella separazione tra uomini e donne negli spazi sociali
dell’edificio.
Le ridotte dimensioni delle finestre e delle aperture
in genere hanno una doppia funzione legata alla riservatezza
dell’ambiente domestico e alla difesa.
Si possono individuare delle similitudini nelle
case-torre yemenite dove il pian terreno viene impiegato per gli animali
ed i piani superiori riservano il
mafraj per gli uomini ed i loro ospiti.
Dal punto di vista climatico, le
kulla sembrano adattarsi alle
condizioni locali meglio delle attuali abitazioni. In Kosovo si hanno
freddi rigidi invernali e temperature elevate durante l’estate. Le
murature spesse, che possono essere larghe più di un metro, costruite in
blocchi di pietra, posseggono un’elevata resistenza termica. Allo stesso
modo i tetti, realizzati in pietra e legno, sono in grado di isolare
adeguatamente gli ambienti interni.
Un’indagine condotta
nelle municipalità di Kline e Istog nella piana del Dukagjini ha
evidenziato la presenza di 59
kulla[2].
In genere, si tratta di costruzioni risalenti al XVIII e XIV secolo. La
gran parte delle kulla
risulta colpita da incuria. Tra queste, 44 sono state danneggiate dalla
guerra, incendiate o bombardate. Molte risultano abbandonate e, solo 9,
sono ancora abitate.
I
mutamenti sociali e culturali della comunità hanno modificato il modo di
abitare le kulla. Gli annessi
tendono a scomparire, mentre l’intera famiglia vive nel corpo
principale. In un caso, la costruzione è stata adattata a scuola di
villaggio, con allargamento delle finestre. Lo stesso tipo di modifica
ha interessato anche altre costruzioni. Oltre alle alterazioni di
facciata, si sono verificati
anche cambiamenti all’interno con ridefinizione del distributivo,
l’intonacatura delle pareti e l’aggiunta di bagni e l’inserimento di
solai in latero-cemento.
Le
agenzie internazionali, che hanno iniziato la campagna di ricostruzione
successivamente agli eventi bellici, non si sono occupate al recupero
delle kulla. Spesso sono
state costruite abitazioni standard in prossimità delle
kulla, sono state effettuate
demolizioni e ricostruzioni senza tenere in considerazione in valore
storico-culturale dei manufatti esistenti. Gli stessi abitanti si sono
dimostrati più interessati ad ottenere nuove abitazioni piuttosto che
restaurare le kulla.
Dato che il legante
strutturale è spesso costituito dal fango, l’esigenza di un’azione
manutentiva diviene prioritaria al fine di invertire l’attuale
condizione di degrado.
[1]
Cultural Heritage without Borders.
Cultural heritage,
Reconciliation, Reconstruction, Hopes for the Future. 2005
[2]
Rassam, Sahar.
Traditional Houses in Western Kosovo: A Descriptive Survey of
Kullas in the Municipalities of Istog and Klina. 2001
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